Il monaco buddhista (sanscrito bhikṣu,
pāli bhikkhu, cinese 比丘 pinyin
bǐqiū Wade-Giles pi-ch'iu, giapponese biku, tibetano dge slong pha,
coreano 비구 pigu,
vietnamita tỷ khưu, thai ภิกษุ
bhikkhu) e la monaca buddhista (sanscrito bhikṣuṇī, pāli
bhikkhunī cinese 比丘尼 pinyin
bǐqiūní Wade-Giles pi-ch'iu-ni, giapponese bikuni, tibetano dge
slong ma, coreano 비구니 piguni,
vietnamita tỷ khưu ni, thai ภิกษุณี
bhikkhuni) è colui o colei che, compiuti i venti anni di età,
conferma l'ordinazione dopo un periodo di noviziato (sanscrito
śrāmaṇera, pāli sāṃanera).
La piena ordinazione monastica avviene
di fronte ad almeno altri dieci membri anziani della comunità
monastica (cinque per le regioni considerate di periferia).
La procedura di ammissione al saṃgha
è dettagliata nel Vinaya del canone ed è chiamata Upasampadā; in
breve, il candidato è interrogato sulle sue motivazioni e su
eventuali ostacoli. Poi venne annunciata la candidatura per tre volte
e, se nessuno esprime obiezioni, è ammesso ed invitato a rispettare
i precetti del vinaya che sono:
227 (311 per le monache) secondo la
scuola Theravāda che segue il Canone pāli;
250 (348 per le monache) per le scuole
che seguono il Canone cinese;
253 (364 per le monache) per le scuole
che seguono il Canone tibetano.
Nelle scuole del Buddhismo Mahāyāna
ovvero tutte quelle afferenti ai Canoni cinese e tibetano viene
aggiunta la recita del pranidhāna ovvero i Voti del Bodhisattva.
Le scuole giapponesi Tendai e Zen non
seguono le regole del vinaya ma solo quelle Mahāyāna elencate nel
Brahmajālasūtra (梵網經 pinyin:
Fànwǎng jīng, giapp. Bonmō kyō, Il Sutra della rete di Brahma,
conservato nel Lǜbù) testo contenenti 58 precetti, di cui 10
considerati maggiori e 48 minori.
Rito dell'ordinazione
monastica
I primi riti di ordinazione monastica
prevedevano la rasatura dei capelli e della barba, la recitazione
della formula del rifugio (sans. śaraṇa) nel Buddha, nel Dharma e
nel Saṃgha (i Tre gioielli, sans. Triratna) e la consegna
dell'abito color zafferano composto di tre parti (trichīvara).
Successivamente il rito si rese più
complesso prevedendo che il candidato a novizio (śrāmaṇera) si
presentasse con la testa rasata di fronte ad un'assemblea composta da
almeno dieci monaci già ordinati, mentre le novizie avevano bisogno
anche della presenza di monache per rendere valida l'ordinazione.
Successivamente il novizio prendeva l'abito monastico recitando una
formula che ricordava l'uso di questo a sola protezione del corpo, e
non suo ornamento. Dopo essersi ritirato per indossarlo, tornava per
prendere rifugio nel Triratna impegnandosi a rispettare le Śīla che
il capo dei monaci elencava e il novizio ripeteva.
Nella ordinazione completa
(Upasampadā), ovvero il passaggio da śrāmaṇera a bhikṣu, il
novizio ripeteva la sua prima ordinazione, poi un monaco anziano gli
domandava se avesse degli impedimenti (età, malattie, etc.).
Successivamente il novizio citava i suoi due maestri (āchārya) che
lo avevano seguito nella sua formazione fino a quel momento, i quali
gli consegnavano l'abito e le ciotole per le elemosine.
Successivamente il capo dei monaci elencava le trasgressioni per cui
sarebbe stato allontanato dall'ordine monastico e il novizio faceva
professione per tre volte dell'intenzione di entrare nella comunità.
La comunità monastica presente aveva il diritto di opporsi al suo
ingresso. La cerimonia terminava con un discorso sul Dharma del capo
dei monaci.
Nel Buddhismo cinese, in passato,
l'ordinazione a monaco era preceduta dal rito del 灸
jiǔ che consisteva nel bruciare dei coni di incenso composti
con l'erba dell'artemisia vulgaris sulla testa rasata del candidato
monaco producendo un numero di cicatrici variabile da tre a dodici, a
seconda del monastero in cui veniva praticata.
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